D.L. TRASPARENZA PREZZI: ANISA IN AUDIZIONE X COMMISSIONE DELLA CAMERA
RELAZIONE AUDIZIONE COMMISSIONE PARLAMENTARE – MASSIMO LOREO TERZI – PRESIDENTE ANISA
Ringrazio il Presidente e la Commissione per l’attenzione riservata al tema del costo dei carburanti, così determinante per la tutela dei consumatori in un contesto socio-economico precario e che ha, come noto a tutti, implicazioni decisamente concrete sulla vita delle persone.
Non è peraltro possibile scindere tale obiettivo da considerazioni più ampie sul contesto e sulle categorie di operatori economici che, a vario titolo e competenza, gravitano sul settore in esame.
Come Presidente dell’ANISA la mia relazione verterà principalmente sulle sorti dei gestori delle aree di servizio autostradali, anche se gli effetti del percorso sin qui intrapreso a livello ministeriale sono in buona parte comuni a tutta la categoria.
Le resistenze dei “benzinai” rispetto all’applicazione del provvedimento inerente all’esposizione del cartello riportante il prezzo medio dei carburanti a livello regionale non sono pretestuose, ma ben motivate dalla volontà di difendere la correttezza dei gestori, che da questo ennesimo adempimento si sono visti criminalizzare come biechi speculatori,
pronti a penalizzare il cliente perseguendo distaccate logiche di profitto.
Gli incontri intervenuti nei giorni scorsi hanno invece chiarito che, dallo scorso 01 gennaio, i prezzi dei carburanti sono aumentati in misura inferiore ai 18,3 centesimi, e cioè fisiologicamente entro la quota di ripristino delle accise.
Nessun’altra categoria economica ha avuto, già precedentemente a quest’ultimo “Decreto Trasparenza”, tanti obblighi informativi e di comunicazione formale come i gestori delle aree di servizio:
– infatti, a cadenza settimanale e in occasione di qualsiasi variazione, in diminuzione o aumento, i prezzi praticati vengono trasmessi alla piattaforma dell’Osservaprezzi Carburanti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (e precedentemente, MISE);
– sulle autostrade sono inoltre presenti da tempo i “Benzacartelloni” con l’indicazione dei prezzi delle aree di servizio sulla tratta, riportanti uno specifico “bollino verde” che evidenzia il più vantaggioso;
– accedendo a Google Maps da qualsiasi smartphone, i clienti possono vedere le aree di servizio che incontreranno sul proprio percorso e i relativi prezzi esercitati, così come dallo stesso Osservatorio prezzi;
– ma anche se ad un utente distratto tutto ciò fosse sfuggito, gli stessi prezzi comunicati all’Osservaprezzi sono costantemente esposti, in modo visibile dalla carreggiata e su ogni isola di rifornimento all’interno delle singole aree di servizio, divisi per tipologia: “servito” e “self”, evidenziando il differenziale tra questi che, tra l’altro, varia mediamente, a seconda delle Compagnie, tra 20 e 40 centesimi, valore che riteniamo sproporzionato.
Inoltre, la formula del “prezzo medio” è calcolata ricomprendendo anche i prezzi delle cosiddette “pompe bianche” e “impianti ghost”, che non sono soggetti alle stesse regole di mercato degli altri gestori, viziando così il risultato della norma;
Esiste poi la possibilità che la pubblicazione del prezzo medio spinga ad adottarlo tutti coloro i quali si trovassero al di sotto dello stesso.
Temiamo quindi che un ulteriore cartello, nella miriade di quelli già presenti, riportante il prezzo medio regionale, possa portare soltanto confusione all’utente, e non ampliare la sua facoltà di scelta nè tantomeno a ridurre il costo di acquisto.
È bene anche ricordare che la parte più cospicua nella determinazione del prezzo finale è rappresentata da accise e tasse (la più elevata sul gasolio e la terza sulla benzina di tutti i paesi Europei), mentre il margine del gestore non arriva al 3% lordo.
Per i gestori autostradali, altresì, l’esposizione del cartello diventa ulteriore occasione di evidenziare il maggior costo presente su questo segmento, senza chiarirne le effettive motivazioni, sia per i carburanti, sia per tutti i prodotti “non oil” venduti in tale contesto.
Il cliente che percorre le autostrade italiane, oltre a trovarsi a pagare un pedaggio tra i più alti d’Europa, subisce un ulteriore balzello determinato dalle royalties che le società concessionarie percepiscono da tutti gli operatori che esercitano la propria attività sul sedime autostradale.
Basti pensare che in sede di gara, per i carburanti, oltre al peso dell’offerta tecnica, i subcocessionari (le Compagnie Petrolifere) offrono dagli 8 ai 10 centesimi medi per litro di carburante, che è superiore a quanto concesso al gestore per la conduzione dell’impianto.
La dinamica dei prezzi, come sopra esposta, ha fatto sì che negli ultimi 10 anni sia stato perduto l’80% dei volumi sulle tratte autostradali, che se paragonati al 2019 (ultimo anno pre-pandemia), vedono per la rete ordinaria un incremento del 1,5%, mentre per le autostrade una flessione del 20%.
Siamo a conoscenza che, in questi giorni, è stata presentata per la Conferenza Stato-Regioni la bozza di un nuovo decreto, inerente alla proposta di ristrutturazione della rete autostradale, poiché il Decreto Ministeriale del 2015 è ormai scaduto.
A differenza del precedente, le parti non sono state sentite, né sappiamo se siano state recepite le osservazioni che, in questi anni e in tutte le occasioni di dialogo disponibili, sono state sottoposte ai rappresentanti dei Ministeri a vario titolo coinvolti.
Il comparto – altro che questione di speculazione sui prezzi – è viziato anzitutto da una distorsione delle meccaniche di mercato, determinata dall’esistenza di rendite di posizione
dei Concessionari, che hanno causato l’allontanamento dell’utente dai beni e servizi che vi vengono esitati.
Tutti ci perdono, ad eccezione dei Concessionari stessi, che di fatto hanno “occupato” un bene pubblico, utilizzato in una sorta di extraterritorialità e di “mercato protetto”.
Lungi dal ragionare in maniera asettica e scoordinata di cartelli aggiuntivi piuttosto che prezzi medi, l’autostrada abbisogna di interventi di natura sostanziale: razionalizzazione della rete in primo luogo, oltre a valorizzazione dei servizi e tutela del consumatore.
O si azzerano i motivi ingiustificati di alterazione dei prezzi (ossia le rendite) per recuperare competitività e consumi in una logica ordinaria di mercato o, in caso contrario e senza pertanto beneficio del consumatore, il sistema (ossia i Concessionari) devono farsi carico dell’onere della sostenibilità economica delle imprese che vi investono (le Compagnie Petrolifere) e vi operano (le microimprese di gestione, i benzinai) per continuare ad effettuare un servizio che – se non vi è una inversione di strategia – sarà destinato comunque ad attrarre ancor meno clienti di quelli che ancora oggi residualmente vi accedono, divenendo così le aree di servizio una sorta di cattedrali nel deserto, dove l’utente si fermerà solo per usufruire dei servizi igienici, cioè dell’unico servizio che – a differenza del resto dell’Europa – è tutt’ora gratuito.
Non sarà certo un cartello in più, che semplicemente ci espone al pubblico ludibrio, a poter calmierare i prezzi o porre soluzioni ai sempre più gravi problemi che affliggono questa categoria ed in particolare questo segmento.
NOTA SUL COMPARTO AUTOSTRADALE
Nella polemica sui prezzi molta attenzione è puntata sui prezzi in autostrada.
I prezzi della rete autostradale sono effettivamente più alti della rete stradale: la media nazionale degli anni dal 2016 al 2022 è di circa 0,100 euro/litro per il rifornimento self e di 0,150 per la modalità servito. Dopo l’aumento delle accise i prezzi sono aumentati in tutta la rete di 0,180 euro/litro, mentre sono aumentate un po’ meno, cioè di 0,157 sulla rete autostradale rispetto alla fine di dicembre; le accise sono aumentate di 0,183 euro/litro, pertanto l’aumento dei prezzi è stato coerente e persino inferiore a quello delle accise.
Ecco perché, ad esempio, non ha senso nel Decreto Trasparenza imporre anche a questa rete il famoso “prezzo medio” calcolato sulla media complessiva: non spiega le ragioni della differenza e crea contenzioso per gli haters del rifornimento.
Persino l’Authority statale del Trasporti, stimava che i prezzi potessero scontare un differenziale nell’ordine di circa il 14 % in più rispetto alla rete ordinaria, in ragione dei più elevati costi di gestione per l’organizzazione di un servizio complesso ed esteso H24.
Ma a pesare in maniera tale da distorcere i prezzi in modo tale da non essere competitivi con il resto della rete sono le royalty che i Concessionari percepiscono sulla vendita dei carburanti e sui servizi di food&beverage – recentemente Scaroni, ex AD di ENI ha parlato di circa 8 cent/litro sui carburanti, un valore superiore a quello che percepisce il benzinaio che gestisce l’impianto -; una interrogazione parlamentare presentata il 03.10.2018 da esponenti delle forze ora al Governo, nel trattare delle royalty stimava in 5 miliardi di euro nel periodo 2003-2017 il balzello gravante sugli acquisti in autostrada di carburanti e servizi di ristorazione.
Gli aumenti in passato automatici e superiori al tasso di inflazione dei pedaggi, garantito dallo Stato ai Concessionari, il meccanismo delle royalty hanno determinato la fuga del consumatore: –80 % delle vendite di carburanti in meno, un crollo degli erogati medi per punto vendita da 10 milioni di litri a poco più di 2,5 milioni, oltre il 60 % degli impianti vende meno di 3 milioni, con una crescente insostenibilità economica delle microimprese della fase finale della distribuzione, i benzinai.
Il comparto – altro che questione di speculazione sui prezzi – è viziato anzitutto da una distorsione delle meccaniche di mercato determinato dall’esistenza di rendite di posizione dei Concessionari, che ha causato l’allontanamento dell’utente dai beni e servizi che vi vengono esitati. Tranne che i Concessionari – che hanno “occupato” un bene pubblico che viene utilizzato in una sorta di extraterritorialità e di “mercato protetto” – tutti ci perdono.
Lungi dal ragionare in maniera asettica e scoordinata di cartelli aggiuntivi piuttosto che prezzi medi, l’autostrada abbisogna di interventi di natura sostanziale: razionalizzazione della rete in primo luogo, valorizzazione dei servizi e tutela del consumatore.
O si azzerano i motivi ingiustificati di alterazione dei prezzi (ossia le rendite) per recuperare competitività e consumi in una logica ordinaria di mercato o, in caso contrario e senza pertanto beneficio del consumatore, il sistema (ossia i Concessionari) devono farsi carico dell’onere della sostenibilità economica delle imprese che vi investono (le Compagnie petrolifere) e vi operano (le microimprese di gestione, i benzinai) per continuare ad effettuare un servizio che – se non vi è una inversione di strategia – sarà destinato comunque ad attrarre ancor meno clienti di quelli che ancora oggi residualmente vi accedono.