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TRANSIZIONE ENERGETICA: COME CAMBIERANNO IL PARCO VEICOLI E I CONSUMI

La fine del petrolio è un appuntamento ormai ineludibile: dagli Stati di qua e di là dell’Atlantico che proclamano lo stop ai veicoli a benzina e gasolio nel 2035, al Just Transition Found dell’Unione, che si declina nei Piani dei diversi Stati membri, fino alle dichiarazioni “nostrane” del Numero Uno di ENI, Descalzi, che annunciano l’uscita in anticipo dalla raffinazione no green, ed oltre, fino alle esternazioni di qualche consigliere del nostro Presidente del Consiglio che paventa l’opportunità di un “lockdown ambientale” che cambi integralmente alcuni stili di vita “eco-insostenibili”.

Il programma comunitario Next Generation EU destina elevate disponibilità finanziarie, spalmate sul breve periodo ed in parte a fondo perduto, anche per affrontare l’emergenza ambientale, e, a breve distanza dalla sua approvazione, qualche settimana fa la Presidente della Commissione Europea ha chiesto di alzare l’asticella dell’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 ad almeno il 55 %, un dato che determina nuove incertezze per chi opera ed investe nel complesso quadro della energia nella morsa delle compatibilità ambientali.

L’autorevolissimo settimanale d’informazione politico-economica The Economist, a proposito di transizione, sostiene che la transizione energetica sarà decisamente caotica per le sue ricadute in termini geopolitici e di equilibri di egemonia globale, per le crisi che si abbatteranno sui Paesi produttori di idrocarburi, come per le aziende che non hanno anticipato i tempi. Ove si scegliesse – questo, in sostanza, lo scenario prefigurato da The Economist – di dilazionare o rallentare il timing della transizione, i rischi del cambiamento climatico si aggraverebbero, mentre, se la scelta fosse per accelerarne i tempi, si intensificherebbero i rischi di serie turbolenze geopolitiche, dal momento che nei Paesi produttori di petrolio vive poco meno di un miliardo di persone, e che, con “effetto domino”, con una domanda di greggio in riduzione in tempi ristretti calerebbero le risorse per una stabilità degli Stati interessati, regredirebbe l’economia in una con i mezzi indispensabili per mantenere la pace sociale e contenere le spinte al caos complessivo.

Da questo scenario globale problematico – in cui, tuttavia, non sono e non saranno affatto omogenee né le sensibilità, né le scelte, e neppure le finalità, anche strumentali e diverse rispetto all’obiettivo ambientale, dei principali centri di interesse di portata mondiale (Europa, Stati Uniti, Cina, Russia, ecc.) – è opportuno calarsi sul concreto àmbito della nostra realtà nazionale: per la quale si è già prima citato l’approccio della più importante azienda petrolifera italiana (peraltro partecipata al 30 % dallo Stato), esemplificato dalla intervista di qualche mese fa a Milano Finanza  di Claudio Descalzi, dal suggestivo titolo “La mia Eni andrà senza benzina, ma di cui, per corretto ed utile contrappunto, va anche segnalato quale è il punto di partenza per affrontare la transizione sul piano dei fondamentali che riguardano direttamente il settore, la situazione cioè del parco veicoli ed il mercato dei consumi.

Più che dichiarazioni suggestive, prendiamo in considerazione più prudenti ipotesi tratteggiate già lo scorso anno – ma per nulla “datate” oppure messe in ombra dalla luce mediatica di successive esternazioni mediatiche anticipatrici – in uno studio di Unione Petrolifera, Previsioni di domanda energetica e petrolifera italiana 2019-2040, raffrontate anche con i dati “al nastro di partenza” della corsa alla transizione del parco veicoli e delle vendite dei principali carburanti fossili.

PARCO AUTOVETTURE (PER 1.000 UNITÀ) – STATO DI FATTO E PROIEZIONI UP

ACI Proiezioni UP
Alimentazione 2019 2020 2025 2030 2040
Benzina 18.174 14.588 13.437 12.180 7.000
Gasolio 17.468 16.400 14.670 11.830 7.300
Gpl 2.574 2.530 2.680 2.500 1.700
Metano 965 1.030 1.560 2.080 2.860
Elettriche 23 42 1.100 1.860 3.440
Ibride benzina 316 426 158 349 800
Ibride gasolio 18 24 430 1.000 2.450
Plug-in 60 765 2.500 7.400
Idrogeno 1 50
TOTALE 39.538 35.100 34.800 34.300 33.000

Si consideri anche solo la parte più cospicua almeno numericamente del parco veicoli, costituita dalle auto del trasporto privato. I dati ACI di fine 2019 registrano un parco di 39,545 milioni di unità, di cui 18,174 milioni alimentate a benzina (45,97 % del totale), 17,468 a gasolio (44,18 %), 2,574 a gpl (6,51 %), 0,965 milioni a metano (2,44 %), e infine 0,375 milioni (0,90 %) elettriche /ibride (di cui in dettaglio: 316mila ibride a benzina, 18mila ibride a gasolio e 23mila elettriche); detto in altre parole, il 96,66 % delle autovetture viaggia oggi ancora alimentata da carburanti fossili.

Secondo le previsioni UP, il parco complessivo vetture dovrebbe progressivamente ridursi: 34,8 milioni di unità nel 2025, 34,3 nel 2030 e 33,0 nel 2040, e, ovviamente, dovrebbe trasformarsi il quadro rispetto alle alimentazioni. Le vetture alimentate a benzina dovrebbero diminuire a 13,437 milioni di unità nel 2025 per calare a 12,180 nel 2030 ed a 7,000 infine nel 2040, mentre quelle a gasolio, rispettivamente nel timing, a 14,670 milioni di pezzi, poi a 11,830 ed infine a 7,300; per le alimentazioni a gpl, se ne prevede un incremento a 2,680 milioni di unità nel 2025 per poi andare a decrescere a 2,500 nel 2030 ed a 1,700 nel 2040; in costante crescita UP prevede le alimentazioni a metano, con 1,560 milioni di pezzi nel 2025, 2,080 nel 2030 e 2,860 nel 2040.

Significativo, ma molto graduale, l’incremento delle alimentazioni alternative: le ibride a benzina e gasolio si prevedono in crescita a 1,258 milioni di pezzi nel 2025, a 2,209 milioni nel 2030 ed a 3,240 milioni nel 2040; le elettriche dovrebbero salire a 0,430 milioni di unità nel 2025, a 1,000 milioni nel 2030 ed a 2,450 milioni nel 2040; il plug-in si prevede a 0,765 milioni di pezzi nel 2025, a 2,500 milioni nel 2030 ed a 7,400 milioni nel 2040, anno in cui si prevedono anche 50mila unità ad idrogeno.

Con tali previsioni, in sostanza, le alimentazioni con carburanti fossili (benzina, gasolio e gpl) dovrebbero progressivamente calare dall’attuale 96,66 % all’88,50 % nel 2025 ed al 77,29 % nel 2030 e solo nel 2040 scenderebbero sotto il 50 % con una performance del 48,48 %. In aumento, invece, la quota delle alimentazioni a metano, dall’attuale 2,44 % al 4,48 nel 2025, al 6,07 nel 2030 ed infine all’8,67 % al traguardo del 2040.

In costante aumento le alimentazioni alternative al fossile ed al gas, ma con lenta gradualità: dall’attuale quota dello 0,90 % al 3,62 % nel 2025, al 6,44 % nel 2030, e solo dopo il balzo, fino a performare ad un 42,85 % nel 2040.

DOMANDA ENERGETICA PROIEZIONI UP

FONTE ENERGETICA 2020 2025 2030 2040
Benzina 4.950 4.150 3.420 1.695
Vetture Ibride 146 400 686 1.207
Plug-in 11 150 527 1.597
Comm. Leggeri 282 260 220 200
Motoveicoli 1.351 1.290 1.227 1.155
TOTALE BENZINA 6.740 6.250 6.080 5.854
Vetture Gasolio 9.904 9.002 7.206 3.918
Ibride 11 72 149 301
Comm. Leggeri 5.155 5.070 4.940 4.316
Industriali 7.410 7.181 6.915 6.065
Bus 1.220 1.200 1.150 900
TOTALE GASOLIO 23.700 22.525 20.360 15.500
GPL TRASPORTI 1.620 1.630 1.555 1.190
GAS AUTOTRAZIONE* 1,300 2,500 3,700 5,300
ELETTRICO TRASPORTI** 12.000 13.500 16.700 28.400

Per benzina, gasolio e gpl valori espressi in KTON

* Per gas autotrazione valori espressi in miliardi di metri cubi

** Per elettrico trasporti valori espressi in GWh

Sul piano dei consumi, le previsioni di UP ipotizzano un calo dei consumi di benzina dalle 6.740 kton del 2020, alle 6.250 del 2025 (-7,27 % sul 2020), alle 6.080 del 2030 (-9,79 % sul 2020) fino alle 5.854 del 2040 (-13,15 % sul 2020), allorquando i consumi per le vetture ibride e le plug-in saranno superiori a quelli delle vetture ancora alimentate solo a benzina.

In marcato calo la domanda di gasolio per tutte le categorie di veicoli, dalle 23.700 kton del 2020 alle 22.525 del 2025 (-4,96 % sul 2020), alle 20.360 del 2030 (-14,09 % sul 2020) fino alle 15.500 del 2040 (-34,60 % sempre sul 2020).

Per i due prodotti sommati, trasformate le quantità da kton in klt, la diminuzione prevista vale 29,42 punti percentuali.

In calo altresì i consumi di gpl per autotrazione, da 1.620 kton del 2020 a 1.630 nel 2025 (+0,62 % sul 2020), 1.555 nel 2030 (-4,01 % sul 2020) fino a 1.190 nel 2040 (-26,54 % sempre sul 2020).

Marcatissimo l’incremento della domanda per il settore trasporti del gas naturale, stimato da 1,3 miliardi m3 del 2020 a 2,5 miliardi nel 2025 (+92,31 % sul 2020), a 3,7 miliardi nel 2030 (+184,62 % sul 2020) fino a 5,3 miliardi nel 2040 (+307,69 sempre sul 2020).

Dinamiche in aumento, ma più contenuto rispetto al gas naturale, per la domanda di energia elettrica del settore dei trasporti, dai 12.000 GWh del 2020 ai 13.500 del 2025 (+12,50 % sul 2020), ai 16.700 del 2030 (+39,17 % sul 2020) fino ai 28.400 del 2040 (+136,67 % ancora sul 2020).

Si tratta, ovviamente, di ipotesi, peraltro assai prudenti soprattutto sul piano dei fondamentali economici di scenario (si ipotizzano, ad esempio, incrementi del PIL annuo contenuti entro un +1,2 %, peraltro già compromessi nella prima fase iniziale dalla crisi economica globale indetta dalla pandemia che stiamo vivendo), cui però si vanno a sommare tutte le incognite (accelerazioni o decelerazioni delle scelte ambientali, evoluzioni geopolitiche e sociali) già affrontate in apertura di questo articolo. Ma, in linea di massima, si può osservare sia che si tratta di evoluzioni di portata epocale, sia che lo snodo cruciale è posto nel decennio 2030-2040, nel quale viene situata la vera discontinuità rispetto alla gradualità che si prefigura nei primi dieci anni, sia, infine, che si inizia da un blocco di partenza molto lontano dall’obiettivo.

Sul piano pratico, viene, ad esempio, da pensare a come (al di là dello sviluppo tecnologico ed anche commerciale dell’automotive), al di là delle evoluzioni del decisionismo politico in tema energetico ed ambientale, si possano coniugare – partendo da un punto così arretrato, per fare un esempio, in tema di parco veicoli – politiche di incentivazione pubblica alla conversione con le risorse via via decrescenti derivanti in termini di gettito erariale dai carburanti fossili senza dover penalizzare la transizione con una fiscalità troppo pesante.

Così come ci si interroga quale possa essere l’evoluzione possibile verso la transizione di una rete distributiva che oggi è non solo pletorica, ma estremamente frammentata e del tutto inefficiente a produrre ed attrarre soggetti capaci di investimenti adeguati, con una oggettiva preoccupazione per quale possa ancora essere il residuo interesse delle major sul fronte del downstream di fine filiera, e con reali rischi di abbandoni, spacchettamenti, polverizzazioni, che amplificherebbero i già ridondanti limiti più sopra appena evidenziati.

Infine, per voler scendere fino in fondo nel contesto di filiera e parlare di coloro di cui nessuno dei decisionisti maggiori, come sempre, parla, che ne sarà del gestore? Appare ragionevole pensare che, considerata la, tutto sommato, gradualità della transizione, la sua presenza sulla rete permarrà ancora per dieci-quindici anni con caratteristiche abbastanza stabili.

Una legittima domanda è se debba permanervi ancora alle condizioni che hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni passati: ossia lo stato di precarietà e di integrale dipendenza economica che ne ha di fatto azzerato ogni sostenibilità di impresa, autonomia, potenzialità competitiva, rendendolo un soggetto passivo del mercato e di tutte le sue variabili commerciali, costretto entro un quadro di relazioni contrattuali e commerciali del tutto asimmetriche ed anomale nel raffronto con qualsiasi altra categoria di microimprese.

La domanda, pertanto, alla quale dovranno in qualche modo rispondere tanto le rappresentanze associative che la politica e le aziende del settore, è: nella “transizione caotica” che la attende, questa categoria di operatori deve essere in qualche maniera “riscattata” dai vincoli più arretrati che contraddistinguono il suo ruolo nel settore? Ovvero, in assenza di interventi, sarà destinata a vivere ancor peggio i non moltissimi anni che restano dinanzi, al più con qualche “aiutino” per essere traghettata fuori dalla filiera come qualcosa di obsoleto che non serve più?

Per rispondere, in effetti, non c’è ancora molto tempo.