ILLEGALITÀ: IN EMERGENZA, OGNUNO ASSUMA LA PROPRIA RESPONSABILITÀ
Lettera aperta di Luca Squeri sulle misure da adottare a contrasto delle frodi nel settore petrolifero
Se l’illegalità nel comparto petrolifero costituisce una vera e propria emergenza ormai da alcuni anni (e non v’è giorno in cui, al di là di quanto se ne parli in sedi istituzionali o nei convegni del settore, non si abbia notizia delle concrete attività di contrasto effettuate dagli organi preposti, nonostante le quali, tuttavia, il fenomeno persiste, dilaga, e si “reinventa” con modalità sempre più sofisticate), a maggior ragione diventa più difficile comprendere perché l’adozione e l’attuazione di misure più efficaci possa essere ritardata, se non addirittura impedita, dalla persistenza di diversità delle posizioni tra gli attori del settore, elemento che finisce per costituire una sorta di alibi per “non fare” o rimandare nel tempo.
Che proprio di un tanto si tratti, emerge anche dalle più recenti dichiarazioni del Direttore Legislazione tributaria e federalismo fiscale del MEF.
In merito alla circolare interpretativa della Legge di bilancio 2018 (205/2017) sulle esenzioni dall’obbligo del pagamento anticipato IVA – mai emanata e, a quanto pare, tutt’altro che imminente – il Direttore ha detto che “non è stata finalizzata perché su due/tre temi chiave non si è trovato l’accordo tra le associazioni di settore”; ancora, in relazione ad ulteriori misure che sarebbero in fase di studio al MEF, il Direttore ha detto
che non è prevista quella del reverse charge, sulla quale – ha fatto intendere – “prima serve un accordo tra le parti in causa”, che chiaramente non c’è, date le posizioni pubbliche nettamente divergenti, ad esempio, tra Unione Petrolifera ed Assopetroli, contraria la prima, favorevole la seconda.
Una situazione assolutamente contradditoria e persino paradossale.
Che l’illegalità nel settore petrolifero costituisca un’emergenza è, da anni, sotto gli occhi di tutti.
L’entità del fenomeno coinvolgerebbe dal 15 al 20 % dei volumi movimentati dal mercato, l’IVA evasa con il meccanismo delle frodi sembrerebbe ammontare a circa 4 miliardi di euro, un gettito erariale mancato che corrisponde, giusto per una citazione a memoria, a quello del maxi aumento delle accise previsto dal “Salva Italia” di fine 2011. E oltre al pesantissimo danno erariale, si consideri il macroscopico inquinamento del mercato, con ricadute che investono l’intera filiera della distribuzione, dalle compagnie petrolifere ai retisti ed infine ai gestori, sottraendo quote ingenti di vendite, penalizzando marginalità industriali, diffondendo a caduta situazioni di dumping commerciale e contrattuale, svalutando investimenti ed asset che si rendono appetibili proprio ai soggetti che sia annidano tra le varie pieghe dell’illegalità, mettendo fuori mercato e rendendo ricattabili imprenditori onesti ed infine, con un effetto a sommatoria, rovinando le microimprese della distribuzione finale, già penalizzate da un discriminante accesso a prodotti e prezzi e senza possibilità di competere.
Che, di fronte a questa emergenza primaria, vi sia anche una emergenza “derivata”, determinata cioè da una insufficiente – nonostante alcuni interventi adottati – efficacia delle norme e misure di contrasto al complesso sistema delle frodi, è altrettanto evidente.
Se sulle emergenze almeno esiste una sensibilità convergente condivisa da tutti i soggetti, la conseguenza è che si deve poter agire rapidamente, inserendo, nel più ampio contesto normativo di contrasto alle frodi, ogni ulteriore strumento – emergenziale, e quindi temporaneo, o strutturale che sia – atto, se non del tutto ad azzerarla, almeno a ridurre in quota significativa l’illegalità.
E se anche sull’entità e rilevanza dell’emergenza illegalità esiste una visione condivisa, è incomprensibile che ci si fermi o davanti a “visioni diverse” dei rimedi, o per ragioni, comunque motivate, che riguardano interessi parziali delle parti in causa, dal momento che il vantaggio complessivo del settore derivante da una efficace riduzione dell’illegalità è superiore agli eventuali oneri a carico di singole parti derivanti dalle misure che si dovrebbero adottare, ed ancora che, anche a prescindere dal settore, vi è comunque un superiore interesse pubblico e collettivo.
Le misure che ho recentemente proposto – eliminare la possibilità di utilizzo delle lettere di intenti; introdurre anche nel settore dei carburanti il reverse charge; introdurre il tracciamento molecolare del carburante – sono alcuni degli interventi, che ho definito “facili e immediati”, da adottare.
In particolare, sul reverse charge, sono dell’opinione che non prendere in considerazione le opportunità offerte dalla Direttiva comunitaria 2018/2057 del 20 dicembre 2018 e scartarne a priori l’applicazione non sia la soluzione più lungimirante.
(E, per inciso, sul piano delle attività di contrasto che non comportano interventi normativi innovativi, mi permetto di aggiungere un uso più utile di strumenti che già sono operativi, seppure con altre finalità: l’Osservatorio dei prezzi dei carburanti del MiSE – nato per l’informazione al consumatore sui prezzi praticati, funzione sulla cui effettiva fruizione da parte dei destinatari non abbiamo neppure dati – ben potrebbe assumere una funzione sussidiaria alla lotta all’illegalità, affidando al MiSE compiti e poteri di segnalazione agli organi competenti in relazione a livelli di prezzo “anomali” registrati dal portale.)
Sull’emergenza illegalità, conclusivamente, più che lamentazioni generiche da un lato e rimpallo del gioco delle parti dall’altro, ciò che serve sono misure concrete, efficaci e rapide.
Può essere che eccessive enfatizzazioni sulla “fine del petrolio” possano far apparire questo settore così “maturo” da far dimenticare che il settore petrolifero è quello che garantisce ancora la gran parte della mobilità di persone e merci, ed è, pertanto, essenziale per il sistema Paese e che questo è anche il settore che garantisce quasi 40 miliardi di accise all’erario, nonostante se ne perdano 4 solo di IVA per l’illegalità che lo affligge.
Ma se così fosse, più che lasciare che si trascinino stancamente infruttuosi “tavoli” ministeriali sulla legalità, è più che mai necessario che tutte le componenti del settore si impegnino immediatamente a individuare in sede comune, senza particolarismi ed in completa assunzione di responsabilità nell’interesse generale, il reverse charge come strumento condiviso per essere proposto al Governo ed alle istituzioni come soluzione efficace e strutturale.