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I PREZZI DI UN ANNO NELL’EUROPA COMUNITARIA – AGO 2014 – LUG 2015

Il periodo di studio oggetto della presente relazione è quello che va dall’agosto 2014 al luglio 2015; un intervallo di dodici mesi caratterizzato da un movimento particolarmente interessante e non complesso dei prezzi dei carburanti al dettaglio – sostanzialmente in dipendenza diretta dei fattori di mercato internazionali [quotazioni del greggio e dei prodotti «finiti»] -: da un livello di partenza più elevato i prezzi sono progressivamente e significativamente diminuiti fino a metà febbraio 2015 per poi «rimbalzare» in progressione al rialzo nella fase successiva, ma senza raggiungere i livelli originari, e con una tendenza, specie nell’ultimo scorcio temporale, a diminuire nuovamente, ed in misura maggiore per il gasolio che per la benzina. Per valutare le dinamiche dell’andamento dei prezzi e dei fattori che ne determinano la composizione, sia in generale che per l’Italia in particolare ed in confronto con il contesto comunitario, si sono individuati i seguenti termini di paragone: – con la media aritmetica dei prezzi e dei fattori dei 28 Paesi membri dell’Unione Europea; – con la media aritmetica dei prezzi e dei fattori dei 19 Paesi con valuta comunitaria; – con i prezzi ed i fattori di altri – oltre all’Italia – quattro Paesi «campione», nel dettaglio Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. La scelta del «campione» è stata sostanzialmente assunta per ragioni intuibili: si tratta dei Paesi maggiori dell’Unione [con popolazione per ciascuno superiore ai 40 milioni di abitanti, contando il campione una popolazione complessiva di oltre 318 milioni di abitanti su oltre 507 dell’intera UE, pari al 62,7 % del totale], con correlate le maggiori quantità di consumi e con le maggiori reti distributive. La matrice dei dati è stata costruita con le risultanze settimanali – dal 04.08.2014 al 27.07. 2015 – delle rilevazioni effettuate dalla Commissione Europea: http://ec.europa.eu/energy/observatory/oil/bulletin_en.htm http://ec.europa.eu/energy/en/statistics/weekly-oil-bulletin . Nel Capitolo 2. si prendono in esame non i prezzi in senso assoluto – dei quali si rimarcheranno opportunamente nel seguito dell’esposizione le notevoli differenze e le cause che le determinano -, bensì le dinamiche sviluppate nell’intervallo temporale di studio rispetto allo stato di partenza ad inizio periodo, verificando che la dinamica del prezzo al dettaglio in Italia è in linea, e persino marginalmente più ribassista, con le medie comunitarie U.E. sia a 28 che a 19 Paesi. Come «variazione sul tema» dei prezzi il Capitolo 3. illustra sinteticamente il confronto – sempre condotto sullo stesso intervallo temporale 04.08.2014 – 27.07.2015 – tra le dinamiche di prezzo al dettaglio nell’Unione Europea e negli Stati Uniti d’America, verificando che, quando i fattori fondamentali di mercato [quotazione greggio e prodotti «finiti»] variano in maniera significativa – come è successo, ad esempio, nella fase ribassista del periodo di studio – la variazione del prezzo al dettaglio ne risente più marcatamente negli Stati Uniti, a causa dell’assai diverso peso della componente delle imposte e, correlativamente, al diverso peso della componente del prezzo industriale: il prezzo europeo comunitario incorpora una componente notevole di imposte rispetto al prezzo statunitense, in cui è largamente maggioritaria la componente del prezzo industriale. Nel Capitolo 4. si affronta il tema del prezzo assoluto e delle sue variazioni nel contesto nazionale e comunitario: se i dati esposti nel Capitolo 2. mettono in risalto la sostanziale omogeneità nei Paesi comunitari delle variazioni del prezzo nell’intero intervallo temporale rispetto all’inizio del periodo di studio, i dati esposti nel Capitolo 4. evidenziano, per contro, l’estrema differenziazione dei prezzi al dettaglio a seconda dei diversi Paesi ed il posizionamento dell’Italia nella relativa classifica, verificando che lo scarto del prezzo italiano della benzina rispetto alle medie comunitarie oscilla tra i 0,231 euro/litro ed i 0,249, rispettivamente rispetto alla media a 19 Paesi ed a quella a 28 Paesi e che lo scarto del prezzo italiano del gasolio rispetto alle medie comunitarie oscilla tra i 0,227 euro/litro ed i 0,243, rispettivamente rispetto alla media a 28 Paesi ed a quella a 19 Paesi. Il Capitolo 5. espone il tema del prezzo industriale, che è la componente del prezzo al netto delle imposte e che sostanzialmente si identifica come sommatoria del costo del prodotto finito e dei costi e margini del sistema distributivo, un mix di fattori di valenza internazionale [il primo] e di valenza locale [i secondi], funzionali, questi ultimi, alle caratteristiche, alle logistiche ed agli assetti delle reti distributive tipiche di ciascun Paese, dimostrando che in relazione alle medie del contesto comunitario, sia considerato a 28 Paesi che a 19 Paesi, le dinamiche dell’andamento congiunturale del prezzo industriale italiano è in linea di assoluta omogeneità e coerenza con le dinamiche dell’Unione, ma anche che le differenze tra i prezzi industriali dei vari Paesi comunitari sono significative, e, ancora, che la media degli scarti del prezzo industriale tra i prodotti si può calcolare nella media del periodo come pari a 0,000 euro/litro, cioè nulla, rispetto alla media comunitaria a 28 Paesi e come pari a 0,001, cioè pressoché nulla, rispetto alla media comunitaria a 19 Paesi: tale calcolo deriva da una ponderazione tra le quote di consumi in rete del prodotto a scarto con segno positivo [la benzina, che in Italia vale il 36,61 % del totale nel periodo considerato, con uno scarto in più sulle medie comunitarie compreso tra +0,006 e +0,009 euro/litro] e le quote di consumi in rete del prodotto a scarto con segno negativo [il gasolio, che in Italia vale il 63,39 % del totale nel periodo considerato, con uno scarto in meno sulle medie comunitarie compreso tra -0,002 e -0,005 euro/litro]. Nei calcoli usati per determinare il prezzo industriale nazionale della benzina, si è doverosamente tenuto conto della incidenza delle addizionali regionali di accisa su questo prodotto applicate da alcune regioni, il cui ammontare ponderale nazionale risulta essere pari a 0,009 euro/litro, elemento che non viene considerato nelle rilevazioni comunitarie del prezzo e delle sue componenti, che si limitano a scorporare solamente le accise nazionali. Nel Capitolo 6. si tratta dell’annoso argomento dello «stacco Italia» del prezzo industriale, per evidenziarne due elementi significativi: 1) lo «stacco» del prezzo industriale – considerato come lo scostamento sulle medie comunitarie da parte dei singoli Paesi, sia in eccesso, sia in difetto – è elemento fisiologico e costante e non rappresenta assolutamente un unicum italiano; 2) lo «stacco Italia» in particolare, a differenza invece dello «stacco imposte», è un fattore in via di dissolvimento, circostanza che ne rende inutile/ozioso ogni riferimento quando si ragioni di prezzi dei carburanti. Vi si precisa altresì che, contrariamente alle rilevazioni comunitarie che calcolano le medie a 28 Paesi od a 19 Paesi con il criterio della ponderazione in base ai volumi di consumi assegnabili ai singoli Stati membri il metodo seguito in questo studio per la determinazione delle medie stesse è il criterio della media aritmetica [un litro di benzina o gasolio è sempre un litro!]. Nel Capitolo 7. si relaziona sull’altro fattore formativo del prezzo al dettaglio, ossia la sommatoria delle imposte gravanti sui carburanti per rilevare sostanzialmente che: 1) la dinamica «neutra» delle imposte nel periodo temporale di studio, o, per meglio dire, il loro andamento a partire dal dato di partenza, è grosso modo omogenea nell’intero contesto comunitario e che, rispetto a tale dinamica, anche quella nazionale italiana rientra nella norma; 2) quando, invece, si passi ad esporre i dati assoluti – ossia i valori effettivi delle imposte nei diversi Paesi dell’Unione -, emerge che l’elevata pressione fiscale in Italia rispetto alle medie comunitarie costituisce la vera e pressoché unica ragione della rilevante differenza di prezzo al dettaglio rispetto sempre alle medie comunitarie, ossia il vero fattore rilevante è rappresentato dallo «stacco Italia delle imposte»; 3) che il divario medio dell’intero periodo di studio considerato, dall’agosto 2014 al luglio 2015, del prezzo al dettaglio nazionale della benzina rispetto a quello medio comunitario a 28 Paesi [+0,249 euro/litro] è determinato per il 96,4 % dell’ammontare dal divario delle imposte [+0,240 euro/litro] e solo per il 3,6 % dallo scarto del prezzo industriale [+0,009 euro/litro] e che il divario medio dell’intero periodo di studio considerato, dall’agosto 2014 al luglio 2015, del prezzo al dettaglio nazionale del gasolio rispetto a quello medio comunitario a 28 Paesi [+0,226 euro/litro] è determinato interamente, e persino in eccedenza del suo ammontare, dal divario delle imposte [+0,231 euro/litro] con uno scarto del prezzo industriale che persino ne attenua, sia pure quasi in misura impercettibile, l’ammontare [-0,005 euro/litro]. Nel Capitolo 8. si relaziona sulla diversità delle dinamiche delle singole componenti incorporate dalla sommatoria delle imposte, ossia distintamente l’accisa [+IVA sull’acci-sa] e l’IVA sul prezzo industriale, di cui la prima, l’accisa, in assenza di interventi dei singoli Stati in aumento o diminuzione sia dell’accisa stessa, sia dell’aliquota IVA, rimane un fattore statico del prezzo al dettaglio e ne costituisce il ground noise, il «rumore di fondo», spesso maggioritario rispetto alla totalità del prezzo al dettaglio stesso, totalmente «impermeabile» e neutro rispetto agli andamenti del prezzo industriale – cioè dei fattori di mercato dinamici, sia internazionali che locali [quotazioni del greggio e dei prodotti «finiti», costi e margini della distribuzione finale], mentre la seconda, l’IVA sul prezzo industriale, è ovviamente «permeabile» alle dinamiche del prezzo industriale ed in misura più o meno variabile influenza anche il prezzo al dettaglio. Nel dettaglio, si verifica: 1) che l’Italia ha mediamente nel periodo di studio la terza accisa sulla benzina più elevata in ordine decrescente dopo Olanda e Regno Unito [nella determinazione dell’ammontare dell’accisa nazionale si è tenuto conto – come precisato più volte in precedenza nella presente relazione – dell’incidenza ponderata nazionale delle addizionali regionali di accisa su questo prodotto, che pesa per 0,009 euro/litro; un elemento che comunque non incide minimamente sulla posizione dell’Italia nella classifica dell’accisa], mentre l’Italia ha media-mente nel periodo di studio la seconda accisa sul gasolio più elevata in ordine de-crescente dopo il Regno Unito; 2) che lo scarto dell’accisa sulla benzina in Italia va da +0,169 [+29,8 %] a +0,186 [+33,8 %] euro/litro, a seconda che si computi sulla media comunitaria a 19 Paesi o su quella a 28 Paesi, mentre lo scarto dell’accisa sul gasolio in Italia va da +0,181 [+41,5 %] a + 0,186 [+43,2 %] euro/litro, a seconda che si computi sulla media comunitaria a 28 Paesi o su quella a 19 Paesi; 3) che vi è uno spread estremamente accentuato tra valori minimi e massimi nell’ambito dei Paesi comunitari: per la benzina tale spread ammonta a 0,456 euro/litro [l’accisa più elevata è pari al 125,6 % di quella più bassa] e per il gasolio a 0,489 euro/litro [l’accisa più elevata è pari al 148,2 % di quella più bassa]. Inoltre nel Capitolo 8. si evidenzia che a) nella curva di ciascuna grandezza, si osserva che si ha, in corrispondenza con la fase discendente dell’incidenza percentuale sul prezzo al dettaglio dell’IVA sul prezzo industriale [che coincide con la fase discendente sia del prezzo industriale al netto di imposte, sia del prezzo al dettaglio in generale] una corrispondente ed inversamente proporzionale fasce ascendente dell’incidenza percentuale sul prezzo al dettaglio dell’accisa ivata; b) nel caso dell’Italia, in corrispondenza con il punto più basso del prezzo nell’intero periodo di studio, per la benzina l’incidenza per-cen-tuale dell’accisa ivata è salita al 62,5 % del prezzo al dettaglio e quella dell’IVA sul prezzo industriale è scesa al 6,5 %; c) nel caso delle medie comunitarie a 28 o 19 Paesi, per la benzina, considerato che l’accisa è significativamente più ridotta di quella italiana, in corrispondenza con il punto più basso del prezzo nell’intero periodo di studio, per la benzina l’incidenza percentuale dell’accisa ivata è salita tra il 55,0 ed il 57,5 % del prezzo al dettaglio e quella dell’IVA sul prezzo industriale è scesa tra il 7,5 e l’8,0 %; d) nel caso dell’Italia, in corrispondenza con il punto più basso del prezzo nell’intero pe-riodo di studio, per il gasolio l’incidenza percentuale dell’accisa ivata è salita tra il 55,0 ed il 57,5 % del prezzo al dettaglio e quella dell’IVA sul prezzo industriale è scesa tra l’8,0 e l’8,5 %; e) nel caso delle medie comunitarie a 28 o 19 Paesi, per il gasolio, considerato che l’accisa è ancor più significativamente più ridotta di quella italiana, in corrispondenza con il punto più basso del prezzo nell’intero periodo di studio, per la benzina l’incidenza percentuale dell’accisa ivata è salita tra il 45,0 ed il 47,5 % del prezzo al dettaglio e quella dell’IVA sul prezzo industriale è scesa tra il 9,5 e il 10,0 %; f) nel complesso dei termini di confronto, al netto della diversa intensità delle accise, l’andamento di tali dinamiche è omogeneo e corrispondente tra l’Italia e le medie comunitarie. Nel Capitolo 9. si focalizza in succinto la sintesi del modello di funzionamento dei prezzi nelle loro componenti nell’ambito dell’Unione Europea ed in Italia nell’ultimo anno, per il solito periodo di studio 04.08.2014-27.07.2015. Noti i meccanismi relativi alla componente del prezzo industriale [prezzo al dettaglio al netto delle imposte], che risente pressoché integralmente delle variazioni dei fondamentali di mercato internazionali, e che, relativamente alla componente delle imposte, è stato assunto con abbondanza di dati il concetto che – mentre l’accisa e l’IVA sull’accisa rimangono componenti fisse e «resistenti» del prezzo al dettaglio [almeno in assenza di interventi di aumento o diminuzione dell’accisa da parte dei singoli Stati] – l’IVA sul prezzo industriale segue esattamente le variazioni di tale componente del prezzo, si conclude che: 1) nel modello italiano ed in quello comunitario europeo, caratterizzato da una rilevante e spesso maggioritaria incidenza delle accise ivate sull’ammontare del prezzo al dettaglio, le variazioni del mercato internazionale di segno fortemente ribassista che hanno caratterizzato la fase dal settembre 2014 al gennaio 2015 hanno contribuito a ribassare il prezzo industriale ivato in misura significativamente maggiore rispetto a quanto hanno contribuito a ribassare il prezzo intero, e ciò in misura direttamente proporzionale all’incidenza percentuale delle accise ivate sul prezzo intero; 2) ciò non significa che il prezzo al dettaglio avrebbe dovuto diminuire più di quanto non sia diminuito in relazione alle tendenze ribassiste del mercato internazionale, ma semplicemente che non vi può essere corrispondenza tra effetti ribassisti, sul greggio ed i prodotti «finiti», e quelli sul prezzo finale, se una parte troppo importante del prezzo è fatta di imposte «impermeabili» a tali variazioni; 3) in altri termini, nel modello comunitario più una parte significativa del prezzo al dettaglio è costituita da imposte «fisse» [quali sono le accise], meno significativo è l’impatto sul prezzo al dettaglio di eventuali variazioni anche molto accentuate in ribasso del prezzo industriale, mentre l’impatto di eventuali variazioni in rialzo andrà senz’altro ad incidere in sommatoria, aggiungendovi anche un effetto di trascinamento delle imposte «mobili» [quale è l’IVA]. Nel Capitolo 10., infine, si tratta del modello di prezzo statunitense, nel quale il più basso livello di imposte permette di apprezzare l’influenza sul prezzo finale dei ribassi di mercato internazionale in misura ben più significativa di quanto non accada con il modello comunitario europeo.

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