In concomitanza con lo sciopero generale nazionale dei gestori della rete ordinaria ed autostradale e con il presidio a piazza di Montecitorio, si è tenuta ieri l’assemblea annuale di Unione Petrolifera, presente anche il Ministero dello sviluppo economico. Nella relazione del Presidente, Ing. Alessandro Gilotti, ampio spazio è stato dedicato alla crisi italiana ed europea della raf-finazione. «La situazione di scarsa competitività appare ancora più critica nell’area del Mediterraneo dove si è razionalizzato meno e dove le condizioni sono diverse, non solo rispetto ad Asia e Stati Uniti, ma anche allo stesso Nord Europa» ha detto Gilotti «La raffinazione è un’industria ad alto consumo di energia che incide per il 30% sui costi operativi, con un pesante impatto sui margini che in Mediterraneo non sono remunerativi dal 2008 e che negli anni sono peggiorati. L’Italia si trova forse nella condizione peggiore, al centro di quello che è diventato una sorta di “mercato generale” dei prodotti raffinati, che arrivano da ogni parte del mondo e a prezzi talmente competitivi da mettere fuori mercato anche le raffinerie più efficienti. Il settore del downstream nazionale nell’ultimo triennio ha registrato perdite pari a 4 miliardi di euro che salgono a 7 miliardi dal 2009; siamo passati dalle 16 raffinerie del 2008 alle 12 attuali, abbiamo ridotto la nostra capacità di raffinazione di oltre il 14% e perso migliaia di posti di lavoro.» «Il sistema, però, non è ancora riuscito a trovare un punto di equilibrio» denuncia il Presidente di Unione Petrolifera «stante la persistente debolezza dei consumi e il calo delle esportazioni in quantità e valore. Oggi gli impianti lavorano intorno a un tasso del 70% della loro capacità e in queste condizioni il sistema non è più sostenibile….Il rischio di vedere crescere la nostra dipen-denza dalle forniture estere di prodotti finiti per autotrazione è concreto, ponendoci in una situazione di vulnerabilità in termini di disponibilità, quantità, qualità e prezzo dei prodotti finiti molto maggiore rispetto alla materia prima greggio. Tale rischio è ben reso dall’indice messo a punto dall’Agenzia internazionale per l’energia, che indica nel 45% la quota d’importazioni al di là della quale un paese può mettere in pericolo la propria sicurezza energetica». Ma un’attenzione non marginale è stata dedicata anche alla distribuzione carburanti. Accompagnata da uno studio di Nomisma, la relazione di Gilotti – senza trascurare una puntualizzazione sulla caduta dei consumi derivante non solo dalla crisi, ma anche da un eccesso di fiscalità [«effetti iniqui e recessivi»…. «il costo industriale