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LO STACCO DEI PREZZI CON L’EUROPA SONO LE IMPOSTE ITALIANE

Paese per Paese, questo studio esamina le differenze dei prezzi al consumo, delle imposte e dei prezzi industriali rispetto alla media reale dell’Europa comunitaria.

La situazione dei prezzi dei carburanti nell’Europa Comunitaria è una realtà estremamente complessa e variegata: un fatto che normalmente non è preso nella doverosa considerazione perché sono prevalenti i riferimenti generici ordinariamente assunti per le ricorrenti polemiche mediatiche sul prezzo nazionale italiano. Il riferimento generico e generalizzato non aiuta certo a fare chiarezza né sul perché di determinati scostamenti né sulla reale identificazione dei fattori che determinano tali scostamenti, i quali, per inciso, sono replicabili, con valori in negativo od in positivo, per ciascuno dei Paesi membri.

Premesso che, tra i fattori del prezzo, la quotazione internazionale dei prodotti finiti è tutto sommato abbastanza omogenea nel mercato europeo, ad influenzare le differenze sono certamente il sistema distributivo

Quando si assumono, pertanto, in maniera del tutto simbolica od acritica [o «feticistica», se si vuole] alcuni indicatori che dovrebbero misurare una sorta di «congruità teorica ottimale» del prezzo italiano rispetto al contesto medio europeo, si rischiano semplicismi e schematismi che diventano tanto più discutibili ove essi costituiscano la causale o la finalizzazione giustificativa per interventi di natura normativa [la mitizzazione dello «stacco del prezzo industriale» Italia-Europa è senz’altro l’esempio più ricorrente].

Fuorvianti sono altresì i confronti che avvengono sulla base di prezzi ponderali [basati cioè sul «peso» in termini di consumi dei diversi Paesi comunitari (per cui le medie vengono valutate, ad esempio, su quote tarate sul numero degli abitanti)]: un litro di benzina o gasolio è sempre un litro, e così dicasi per i fattori che compongono il prezzo di un litro di carburante.

Così come sono parzialmente mendaci i dati che non tengano conto di «variabili locali» che influenzano il risultato finale del confronto: a titolo d’esempio, le addizionali regionali di accisa sulla benzina in Italia riguardano una mole ragguardevole di consumi che innalzano la media dell’accisa reale di un centesimo/litro rispetto all’accisa ufficiale usata per il computo delle imposte e dei prezzi industriali medi comunitari, un tanto falsando nella stessa misura la risultante del cosiddetto «stacco».

Gli elementi salienti che emergono dall’analisi di un periodo di osservazione abbastanza prolungato [gen-naio 2011 – ottobre 2013] testimoniano dell’amplissimo range tra i prezzi nell’ambito comunitario e tra le loro componenti, esemplificato dai seguenti dati:

– lo scarto tra il prezzi medi nazionali al consumo più alti e quelli più bassi per la benzina è di ben 0,468 euro/litro, di 0,440 per il gasolio [dato medio gennaio-ottobre 2013];

– lo scarto tra le imposte medie nazionali più alte e quelle più basse per la benzina è di 0,475 euro/litro [più ampio, dunque, di quello del prezzo al consumo], di 0,463 per il gasolio;

– lo scarto tra i prezzi industriali medi nazionali più alti e quelli più bassi per la benzina è di 0,122 euro/litro, di 0,096 per il gasolio.

E per quanto attiene l’Italia, è da dirsi che una rappresentazione oggettiva della realtà – al di là delle polemiche, delle finalizzazioni e strumentalizzazioni a vario titolo – è la seguente:

– il prezzo al consumo italiano della benzina è superiore alla media comunitaria di 0,252 euro/litro e quello del gasolio di 0,246 euro/litro;

– le imposte italiane sulla benzina sono superiori alla media comunitaria di ben 0,237 euro/litro e quelle sul gasolio di 0,236 euro/litro;

– il prezzo industriale italiano della benzina è superiore alla media comunitaria di 0,015 euro/litro e quello del gasolio di 0,010;

– in altri termini, le maggiori imposte assorbono il 94,05 % per la benzina ed il 95,93 % per il gasolio della differenza del rispettivo prezzo al consumo sulla media comunitaria;

– nel gennaio 2011 il prezzo della benzina in Italia stava al decimo posto [dall’alto in basso] tra i Paesi dell’Unione: da due anni sta quasi stabilmente al primo posto, cioè è il più caro dell’Europa Comunitaria.