DDL RIFORMA: SUI CONTRATTI IN DIFESA PER LIMITARE I DANNI
A distanza di un abbondante anno e mezzo (o anche più, considerato che la concertazione su un riordino del settore – contrattualistica inclusa – venne posta dal Governo ancora ai tempi delle agitazioni sul famoso “cartello del prezzo medio”) e dopo svariate sedute del tavolo della filiera, con tentativi di accordi poi negati e smentiti, con accelerazioni e frenate, e anche più di qualche edizione ufficiale o ufficiosa del relativo DDL, al momento in cui si scrive questo articolo siamo ancora alla fase della “mediazione” a testimonianza bensì che infine il Governo si impegna a supplire all’incapacità delle parti di trovare un accordo, ma anche che la distanza tra le stesse è tuttora notevole.
Dopo la minaccia dello sciopero da parte delle Associazioni di categoria dei gestori, l’asserito impegno governativo a mediare è stato assunto come un “fatto nuovo”, ed un tanto ha indotto le rappresentanze dei gestori a rimandarne la proclamazione ufficiale, come si legge nella nota stampa del 14.11.2024 pubblicata su questo sito, nonché a riformulare una ennesima, oltre a quelle già presentate in via ufficiale od ufficiosa, versione dell’articolo 3 del DDL.
Quale, alla fine, sia lo sbocco finale di questa vicenda e quale il modo di presentarne il bilancio alla categoria, è piuttosto chiaro quanto meno che: a) anche se, alla fine, la norma tutelasse in qualche maniera meno squilibrata gli interessi dei gestori sottoposti ad un attacco forte della controparte, nel concreto le azioni delle compagnie per svuotare le norme di settore vigenti hanno già prodotto i loro effetti; b) in ogni caso, si tratterà di un arretramento sostanziale dal quadro delle relazioni “legali”, ancorché più “teoriche” che reali, dalle stesse norme previste, che si aggiunge ad una già lunga serie di spallate alla condizione della categoria.
Ripercorrendo a ritroso il nodo contrattuale, non è improprio ricordare che, sia ai tempi in cui stava per essere emanata la L. 27/2012 di montiana memoria, sia nei tempi successivi alla medesima, andavano proliferando tanto tentativi di delegificazione, quanto applicazioni di contratti di prestazione di servizi, di appalto, di guardiania e simili, proposte ed imposte da primarie aziende petrolifere e non solo da retisti parvenu nel settore; la propensione a queste soluzioni, dunque, non è una novità scaturita dai lavori del tavolo di filiera nel 2024.
Ad esempio, Unione Petrolifera alla fine del 2011 proponeva questa norma: <<1. Al fine di incrementare la concorrenzialità e l’efficienza del mercato attraverso una diversificazione nelle relazioni contrattuali tra i titolari di autorizzazioni o concessioni e gestori degli impianti di distribuzione carburanti, sono abrogati: (a) l’art. 16, commi 8 e 9 primo periodo del decreto legge 26 ottobre 1970 n. 745 convertito nella legge 18 dicembre 1970 n. 1034; (b) l’art. 1, commi 6, 6bis, 7, 8 e 10 del decreto legislativo 11 febbraio 1998 n. 32; (c) l’art. 19, commi 1 lett. g), 3 e 4 della legge 5 marzo 2001 n. 57>>.
Allo spirare del 2012, ENI proponeva questo contratto per gli impianti esclusivamente self service: “Al gestore (che potrà ancora occuparsi delle attività non oil) viene offerto un contratto d’opera, cioè di trasformarsi, per quanto riguarda le attività oil, in prestatore d’opera. Al prestatore d’opera spetteranno i compiti di presidio dell’impianto per garantire la piena efficienza dei beni strumentali alla vendita automatizzata; l’ottimale approvvigionamento dell’impianto; la verifica della regolarità dello scarico; la compilazione delle scritture fiscali e contabili e dei registri UTF; il mantenimento in efficienza e in esercizio dei serbatoi, dei misuratori e degli accettatori; l’aggiornamento dei prezzi; la pulizia dell’impianto. Il compenso è di 8.000 euro l’anno oltre Iva con cadenza mensile di 666,67 euro” (Figisc Anisa News n. 55 del 21/12/2012).
Nel 2013, KUPIT proponeva quanto segue: “Articolo 3 – Corrispettivi dell’Appalto – Art. 3.1. A corrispettivo dei servizi resi in forza del presente contratto, la SEGIT pagherà a decorrere dal primo rifornimento alla DITTA APPALTATRICE: a) un compenso fisso annuo pari a € 8.000,00 [ottomila/00] SIVA; b) un compenso variabile, pari a 0,002 € SIVA per ogni litro di carburante erogato al pubblico dall’impianto nel periodo considerato. 3.2. Tali compensi verranno pagati ogni due mesi, in via posticipata, entro il 15° giorno del mese successivo”, mentre TOTALERG largheggiava con un contratto di appalto: “Art. 6 – Corrispettivo e modalità di pagamento – 6.1 A fronte di tutte le obbligazioni assunte con il presente Contratto, le Parti convengono che la Committente riconoscerà all’Appaltatore un corrispettivo variabile pari a Euro 5 (cinque) per ciascun mc di prodotti carburanti erogato presso il Punto di Vendita. 6.2.1 Il corrispettivo sarà liquidato congiuntamente in via posticipata al termine di ciascuna mensilità contrattuale entro il termine massimo di 60 [sessanta] giorni dalla scadenza del mese di riferimento” (Figisc Anisa News n. 5 del 08/02/2013).
Mentre l’attenzione maggiore delle rappresentanze dei gestori si concentrò su altri temi chiave, come ad esempio:
- accordi con ENI, sempre ritenuti paradigmatici perché relativi al market leader, e giudicati positivamente in quanto avrebbero riconsegnato “centralità” al gestore;
- controversie lunghissime circa l’applicazione dell’accordo ESSO (successivamente allo “spacchettamento” della rete tra i retisti), nel cui contesto, tra l’altro, si perfezionò l’accordo con EuroGarages, il meno entusiasmante in termini economici da molte stagioni;
- tipizzazione, vista come obiettivo essenziale, del contratto di “commissione”,
le posizioni contrattuali anomale si sono diffuse progressivamente in notevole misura, anche se non precisamente quantificabile (oggi fra un minimo di 3-4 mila, contando le gestioni “dirette”, molte di più stando a numeri evocati da UNEM, ma solo a voce, al tavolo della filiera), ma in forma strisciante e silente, che non ha sollevato grandi attenzioni di chi maggiormente avrebbe dovuto allertarsi, se non altro in ragione dell’erosione della base rappresentata, da un lato, e dall’altro dell’allargarsi delle zone prive di tutela ingenerata da questi contratti, e un tanto nonostante siano intercorsi accordi tra le parti durante gli anni successivi, e maggiori o minori aperture di credito abbiano contrassegnato le relazioni reciproche, ma senza far venir meno una sostanziale “doppiezza” che univa ossequio formale alle norme e tentazione ad eluderle, ponendosi “fuori” dagli schemi delle leggi del settore.
Fa da contraltare a questo contesto una certa attenzione alle relazioni nel settore da parte della politica, se non altro “di striscio” sulla scorta dei dibattiti sulla illegalità fiscale, che già da qualche anno, ha prodotto alcune pregevoli e trasversali risoluzioni parlamentari (e di cui antesignana fu la risoluzione De Toma 7/00258 dell’11/06/2019), di cui si sottolineano lodevoli incisi sulla irregolarità contrattuale, sul “caporalato”, sull’obbligo del negoziare e sul sanzionare la violazione di tale obbligo, e, persino, sulla promozione di tipologie contrattuali volte a consentire la determinazione del prezzo finale ai gestori.
Per contro, l’intero contendere del DDL, che verte esattamente sulla contrattualistica, esprime l’intento della controparte industriale di “perfezionare” una volta per tutte e senza ambiguità di sorta quel percorso – anticipato ed avviato surrettiziamente da oltre dieci anni – di scardinamento del quadro di relazioni fissato dalle norme di settore, che si sostanzia nella “trovata ideologica” di capovolgere il significato della figura del “gestore” identificandolo con la compagnia e, cancellando ogni altro soggetto degno di tal nome, svuotare il sistema delle tutele e delle rappresentanze.
Anche nel migliore dei casi – ossia con qualche residuo di tutela alla categoria – il DDL non costituirà certamente una vittoria per essa né per le sue rappresentanze, quanto il risultato di una difficile difesa che almeno potrà attenuare, per il momento, il peggiore dei danni possibili (salvo quello, come già detto, già inferto, mentre si discute in astratto ai tavoli e nei ministeri, nella concreta realtà delle gestioni).
G.M.