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INFLAZIONE E MARGINI NELLA RETE DISTRIBUTIVA – ANALISI 2000-2024

 

 

L’inflazione cumulata per il periodo 2000-2024 oggetto di questa analisi – sulla base dei tassi medi annuali dal 2000 al 2023 e del tasso medio del periodo gennaio-luglio 2024 – è di circa 50,5 punti percentuali, con diverse intensità nel corso degli anni: la media percentuale annua dal 2000 al 2021, infatti, è stata pari ad un tasso di +1,6 %, ma il biennio 2022-2023 è balzato ad un tasso medio di +6,9 %, fortunatamente sceso ad un +0,9 % nel 2024.

TASSO ANNUO MEDIO % DELL’INFLAZIONE 2000-2024

La presente analisi sintetica prende in considerazione gli effetti delle dinamiche inflattive sui margini lordi degli operatori della rete distributiva dei carburanti (ossia gestori degli impianti ed aziende petrolifere), quali computati sui prodotti principali ivi esitati (benzina e gasolio), i quali rappresentano ancora oggi grosso modo oltre il 94 % dei volumi di vendita.

I GESTORI DEI PUNTI VENDITA

Numerosi cambiamenti sono maturati negli anni dal 2000:

  1. a) è fortemente mutato il mix delle vendite tra i due principali prodotti (ad esempio: nel 2000 la benzina integrava ancora il 63 % delle vendite totali, nel 2023 il gasolio ha una quota del 65 %);
  2. b) è cambiata la fruizione delle modalità di servizio del consumatore (che oggi si svolge per oltre l’80 % in self, mentre nei primi anni 2000 si registrava ancora un fifty-fifty, con un divario allora assai inferiore del prezzo tra le due modalità: circa 2 €cent contro gli attuali 15-16 €cent);
  3. c) è cambiato lo scenario degli assetti proprietari della rete (uscita dal mercato di marchi storici del petrolio, processi di concentrazione, “spacchettamenti” delle vecchie reti), con un esito di arretramento della consistenza di rete dei marchi petroliferi (dal 96 al 69 % del totale secondo dati UNEM) e la proliferazione di operatori c.d. “indipendenti”, dai retisti più strutturati ai micro retisti ed alle “pompe bianche” (dal 4 al 31 %, secondo la stessa fonte).

Fortemente mutato è anche il quadro delle relazioni contrattuali tra proprietà degli impianti e gestori (intesi nel senso tradizional-sindacale del termine), con una progressiva diminuzione dei consolidati contratti di affidamento + fornitura in esclusiva con margine concordato e la diffusione di altre forme tipizzate (contratto di commissione) ed “anomale”, quali le guardianìe, i contratti di prestazione d’opera, le c.d. “gestioni dirette” con appalto di servizi, ecc.

In tale contesto, ai fini della nostra analisi è sempre più arduo determinare il “valore del margine“ del gestore, per cui abbiamo dovuto fare necessariamente riferimento ai valori medi nel tempo maturati nel contesto degli accordi economici succedutisi nella fattispecie del contratto di affidamento e fornitura, i quali, se rappresentavano nei primi anni 2000 la casistica unica, oggi sono sempre più ridotti e – nel caso la pretesa delle aziende di gestire in proprio gli impianti a mezzo di un soggetto gestore unico da esse controllato e di ridurre i gestori storici a meri prestatori d’opera (appaltatori) – rischiano di diventare decisamente residuali.

Tutto ciò premesso e precisato, si rileva che il valore medio del margine del gestore ha avuto, nel lungo periodo che prendiamo in esame, variazioni molto limitate: se nel 2000 il margine medio (unico e/o differenziato per modalità di servizio) si poteva computare in circa 0,032 €/lt, nel 2024 esso non va oltre 0,036 €/lt. Stiamo parlando, ovviamente, di margine base, senza tenere conto delle variabili incentivanti o premiali scaturite dalle fantasie aziendali, che affidano un eventuale miglioramento a circostanze ipotetiche di dubbia od ardua realizzabilità nel mercato reale.

In altre parole – e sorvolando sulle vicende della compartecipazione dei gestori alle durevoli campagne dei vari, comunque nominati e marchiati, iperself l’incremento del margine medio in quasi cinque lustri vale qualcosa come 0,004 €/litro (+12,4 % sul 2000).

Tali valori già intuitivamente rendono chiaro che i margini (ancorché aumentati nel tempo in misura marginale) non hanno retto il trend dell’inflazione: sinteticamente, si può dire che:

  • se il margine nominale del 2000 fosse stato coerentemente indicizzato con l’inflazione, oggi il suo valore dovrebbe aggirarsi attorno a 0,051 €/lt (+57,9 %);
  • il potere d’acquisto (valore dei beni in cambio del valore monetario) del margine dal 2000 ad oggi ha perso il 26,8 % (ossia vale come 0,023 €/lt).

MARGINE NOMINALE E MARGINE INDICIZZATO CON L’INFLAZIONE €/LT

MARGINE NOMINALE E PERDITA POTERE D’ACQUISTO €/LT

Se si estende l’analisi dal singolo margine pro-litro al volume dei ricavi medi per impianto (litri x margine), bisogna anche tenere in debito conto di quelle che sono state le dinamiche delle vendite: si considera pertanto l’erogato medio per punto vendita (sulla base delle medie annue indicate da UNEM).

L’erogato medio/pv nel 2000 era stimato da UNEM in 1,479 milioni di litri, che, al margine medio di allora, sviluppava un volume di ricavi attorno a 47.300 €; con il margine medio 2024 e con la stima di un erogato medio/pv di 1,361 milioni di litri (in flessione di un -7,9 % sul 2000) il volume medio dei ricavi è stimabile in 48.900 €, con un modesto incremento – nonostante tutto – pari ad un +3,4 %.

Si osserva però che, considerando congiuntamente le dinamiche inflattive e le dinamiche delle vendite:

  • il potere d’acquisto (valore dei beni in cambio del valore monetario, ed in questo caso la forza economica per tendere alla sostenibilità dell’attività d’impresa) dei ricavi dal 2000 ad oggi ha perso il 32,7 % (ossia valgono come 31.900 €/).

RICAVI NOMINALI E PERDITA POTERE D’ACQUISTO €

LE AZIENDE PETROLIFERE

Nel caso delle aziende, si premette che si è operato in maniera più “semplificata”, e cioè:

  1. a) il margine industriale lordo è desunto dai seguenti operatori: prezzo – (imposte + Platt’s) = margine lordo;
  2. b) al margine lordo si è sottratto, dal sorgere dell’obbligo, il costo della biomiscelazione (non inclusa nella quotazione Platt’s, ma che ha assunto nel tempo una consistenza significativa);
  3. c) il margine lordo medio è calcolato quale media ponderata dei singoli margini di benzina e gasolio in funzione delle rispettive quote sul mix delle vendite totali;
  4. c) il margine lordo individuato è quello relativo alla modalità self: si è optato per tale ambito in quanto più esposto alle sollecitazioni della concorrenza sui prezzi e, pertanto, ritenuto sufficientemente significativo per valutare, sul fronte aziendale, la capacità di resilienza alle dinamiche inflattive, anche considerando che gli elevati margini in modalità servito (anche in funzione alla crescita del delta prezzo tra le due forme) di fatto apportano un miglioramento dei risultati (poco elegantemente: “è tutto grasso che cola”).

Il margine lordo medio self è stato computato per il 2000 a 0,101 €/litro, salito a 0,151 nel 2024, con un incremento di +49,0 %; se la dinamica dei margini nominali fosse stata indicizzata sulla base dell’inflazione, oggi il valore dovrebbe essere pari a 0,161 €/lt, ossia il 59,2 % in più del 2000.

Tuttavia, come si può agevolmente osservare nel grafico successivo, il margine lordo reale si è mantenuto superiore all’inflazione (ossia, più correttamente, al margine indicizzato) in 16 anni sui 24 considerati (2001-2024), ed inferiore negli altri 8 anni.

Mediamente, il margine reale è stato superiore di 0,011 €/lt rispetto al valore indicizzato, mentre il minimo risulta inferiore di -0,015 €/lt (anno 2016) ed il massimo superiore di +0,048 €/lt (anno 2014).

MARGINE NOMINALE E MARGINE INDICIZZATO CON L’INFLAZIONE €/LT

CONCLUSIONI

Ciò che era già largamente intuitivo trova fondamento nei numeri.

Il margine industriale lordo delle aziende ha dimostrato una notevole resilienza alle dinamiche inflattive, ottenendo persino un lieve incremento medio nell’intero periodo.

Per contro, il margine del gestore marca una perdita del potere d’acquisto quasi del 27 % solo per le dinamiche inflattive, mentre la perdita di potere d’acquisto dei suoi ricavi ai fini della sostenibilità economica di impresa sale a quasi il 33 % se si considera anche l’effetto flessione dell’erogato medio per punto vendita.